Se pensiamo ai trend seguiti dal cinema italiano negli ultimi anni, l’horror non è sicuramente un genere che salta all’occhio in quanto a presenza sullo schermo. I film dell’orrore nostrani sono quasi spariti, non vi è più il coraggio di esplorare quelle dimensioni narrative che tanto hanno elevato il nostro paese con la “vecchia guardia” (Bava, Argento, Deodato, ecc). Vi sono tuttavia dell’eccezioni, come il recente A Classic Horror Story (2021), diretto da Roberto De Feo e Paolo Strippoli, reduce di un enorme successo su Netflix. Lo stesso Paolo Strippoli esplora nuovamente le tenebre della paura con Piove, dirigendo un racconto che spiazza e angoscia, ambientato in una Roma irriconoscibile.
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Dopo la morte di Cristina (Cristiana Dell’Anna), causata da un incidente in auto, gli equilibri tra la figlia Barbara, il marito Thomas (Fabrizio Rongione) e il figlio Enrico (Francesco Gheghi) si spezzano, intaccando la solidità di una famiglia sventurata. Alle preghiere della piccola per una riconciliazione si contrappongono i continui scontri tra padre e figlio, frutto di una tragedia evitabile. In questo scenario già di per sé critico, una strana forza oscura, palesandosi sotto forma di nebbia (a metà fra The Mist e 28 giorni dopo), diventa la causa di una sequela di crimini efferati per tutta la capitale.
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Tutto degenera in fretta, in un tripudio di squallore e violenza al quale a tratti sembra non esserci rimedio. È un film che, nonostante l’etichetta horror, s’identifica più nelle caratteristiche proprie di un thriller psicologico.
Questo non significa che il terrore manca, ma che piuttosto viene messo in risalto con una delle premesse più intriganti del cinema di genere: quella per cui il mostro più spaventoso è l’uomo.
Pochi jumpscare ben piazzati, ai quali fa compagnia una violenza grafica che si fa sempre più brutale con l’avanzare del minutaggio.
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La famiglia in schermo è anticonvenzionale, disgiunta, lontana dall’immaginario italiano che vuole padre, madre e figli seduti a tavola insieme per la colazione. Se in Piove si mangia insieme è solo per via dell’insostenibile convivenza forzata, minata dai malumori che ribollono negli animi dei presenti. In particolare, Fabrizio Rongione, attore belga qui alle prese con un ruolo spinoso, e Francesco Ghenghi, il figlio eversivo e sfacciato, garantiscono spessore artistico e impeto passionale a due interpretazioni che mantengono in piedi la pellicola fino alla fine.
È inutile sottolineare come sia apprezzabile un esperimento del genere, in una dimensione cinematografica come la nostra. Se Piove rappresenta qualcosa, questa è proprio la voglia di riaccendere la giostra decaduta dell’horror italiano.
La curiosità di vedere quale sarà l’arco vitale di un prodotto come questo non può che essere alta. Il consiglio spassionato è quello di andare in sala, così da poter tastare con mano una pellicola insolita che vi travolgerà.
[…] spunti per quanto riguarda il cinema. Nello specifico, a giovarne in larga scala è stato il genere horror che ha visto una sequela ben nutrita di film ambientati sulla […]